Edilizia, efficienza energetica oltre la logica dei bonus.


In passato su questo blog ci siamo soffermati già un paio di volte sul tema del Superbonus. In un articolo sottolineavamo come il bonus fiscale 110% fosse stato inserito anche nell’ultima legge finanziaria, per prorogarlo nel 2022, non senza qualche dubbio da parte del premier e del ministro dell’Economia. Nel secondo seguivamo la notizia del “Decreto Aiuti” che, con l’approvazione di luglio, procedeva a una riformulazione degli emendamenti per l’allargamento della platea dei cessionari del credito.
Il Superbonus 110 – strumento concepito per garantire ai non abbienti di utilizzarlo grazie alla cessione del credito – per dovere di cronaca, ha ottenuto valutazioni positive da parte di Nomisma, ANCE e pure della Commissione Europea.
Ma è venuto il momento di pensare a strumenti che aumentino l’equità, l’inclusione e la sostenibilità con la riqualificazione complessiva di interi quartieri della città. Oggi in tutta l’Unione Europea i nuovi alloggi devono garantire consumi energetici prossimi allo zero – Near Zero Energy Building – e la quota di energia mancante per il bilanciamento deve arrivare da fonti rinnovabili. Eppure in questo momento di campagna elettorale non si trova traccia di nuove idee in tema nei programmi dei partiti politici.
In un recente articolo pubblicato da Domani a firma Edoardo Zanchini, dal titolo “Basta Superbonus: meglio 500mila alloggi popolari a emissioni zero”, si punta sullo stop ai vari bonus edilizi (110%, Ristrutturazioni 50%, Ecobonus 65%, Facciate, Verde…) per virare su interventi che siano legati a risultati estesi verificabili. Cioè passare dall’intervento sul singolo edificio privato a quelli su condomini popolari per riqualificare parti del tessuto urbano.
L’assunto parte dal problema che in Italia ci sia un deficit di edilizia sociale e circa la metà di coloro che vivono nei circa 700mila alloggi esistenti soffrono situazioni di degrado dell’immobile, nonché bollette estremamente care per via dello scarso isolamento e sistemi di riscaldamento inefficienti.
Già noi nel post “Il Superbonus 110% è ancora il volano giusto per stimolare l’economia?” ci chiedevamo se il 110% avesse creato veramente lavoro e risparmio energetico o ulteriore diseguaglianza tra chi di case ne ha più di una e chi vive in condizioni abitative precarie.
Nel giorno in cui la quotazione del gas alla Dutch TTF Natural Gas di Amsterdam ha toccato il record di 291 € al Mwh, è il caso di chiedersi se non sia il caso di portare ai più alti standard energetici la quota di alloggi popolari più degradati. Perché qui vive la parte di popolazione che più soffre la crescita delle bollette energetiche. E il rischio è che queste bollette diventino ancora più care.
Sempre secondo Zanchini, prendendo per riferimento 300mila alloggi, la stima del costo dell’investimento di riqualificazione sarebbe di circa quattro miliardi all’anno. Ovvero, molto meno dei trenta miliardi spesi per il Superbonus ma con vantaggi energetici e sociali più verificabili.
Si tratta di impostare la visione dell’efficientamento e riqualificazione energetica con un accento sociale: priorità a quella parte del patrimonio immobiliare dove vive la popolazione più in difficoltà e difesa dei meno abbienti dal caro vita. Questo nell’ottica di ridisegnare lo spazio pubblico, affrontando il global warming e il problema dell’approvvigionamento del gas da regimi illiberali, russi o arabi che siano.
Crediamo sia venuto il momento di rivedere il sistema dei bonus per premiare chi, e solo chi, riduce veramente i consumi energetici.
Cosa ne pensate? Fatecelo sapere a: hello@green-haus.it