Decreto Energia, è finita l’attesa ma non ci convince del tutto


Dopo l’approvazione ad agosto, il governo ha rinviato per tre mesi l’attuazione del Decreto Energia, atteso da più di un anno. Poi, mercoledì 8 novembre, finalmente è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
Nell’ultima bozza c’era la deroga alle fossili e oltre al ruolo del gas allarmava le associazioni ambientaliste lo stoccaggio della CO2 nel sottosuolo.
Si chiedeva da più parti era un piano urgente sulle fonti rinnovabili, necessarie per decarbonizzare l’Italia entro il 2050. In particolare nel Decreto Energia ci si aspettava di tracciare una roadmap su fotovoltaico ed eolico oggi fermi a 3 GW d’installazione annua, quando ne sarebbero necessari almeno 12 GW.
Quello di cui si attendevano notizie era l’attuazione operativa delle Comunità Energetiche Rinnovabili, dopo tanti annunci con il rischio che siano bloccati 2,2 miliardi dal PNRR per la costituzione di oltre 15mila comunità energetiche. Per le “aree idonee” per l’installazione di impianti per le energie rinnovabili, essenzialmente eolico e fotovoltaico si attende la pronuncia della Conferenza Stato-Regioni. E sarebbe opportuno che le aree industriali fossero in ogni caso classificate sempre come aree idonee.
I temi del Decreto Energia.
Il provvedimento istituisce il Fondo nazionale reddito energetico la cui gestione è affidata al GSE, può contare su risorse finanziarie complessive pari a 200 milioni di euro, da suddividere tra il 2024 e il 2025. Può essere ampliato dalle amministrazioni locali e le agevolazioni riguardano l’installazione di impianti fotovoltaici in assetto di autoconsumo, con potenza minima pari a 2 kW e massima di 6 kW, nelle abitazioni di residenza di famiglie a basso reddito, ovvero con ISEE inferiore a 15mila euro.
Questo atteso decreto affronta nodi di primaria importanza, come la fine del mercato tutelato, prevista a partire dal prossimo gennaio. La faccenda riguarda ben 10 milioni di utenti domestici, almeno metà dei quali considerati “meno abbienti”.
Una nota dolente è il gas, ovvero la continuità di questa fonte fossile come centrale nella strategia energetica nazionale. La “sicurezza” dei nostri approvvigionamenti deriverebbe dal prolungamento dei tempi di sfruttamento del gas (una risorsa piuttosto volatile, come abbiamo visto nel 2021 e poi in seguito al conflitto Russia – Ucraina) e addirittura prevedendo il raddoppio della già risibile capacità di produzione nazionale. L’estrazione oggi è a 3,5 miliardi di metri cubi e peraltro in esaurimento in un decennio, come osserva il Prof. Livio De Santoli dell’Università di Roma – La Sapienza, esperto di tematiche di sostenibilità. Non una grande strategia, dunque.
In questi e nei prossimi giorni il Decreto Energia sarà al vaglio della lettura di esperti e associazioni ambientali, ma i timori di fondo – che il governo non abbia una strategia per la transizione energetica – rischiano di essere confermati. Come ha scritto il rapporto di Bain & Company “è difficile che l’Italia arrivi a raggiungere gli obiettivi sul clima al 2030 al ritmo con cui procede la sua transizione ecologica”. La strada è la decarbonizzazione ma ancora nel 2022 solo l’1% dei progetti di impianti fotovoltaici ha ottenuto l’ok dalle Regioni che, denuncia Legambiente, continuano a porre ostacoli alle rinnovabili.
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